Articolo aggiornato il 18 Luglio 2021 alle ore 18:30
Lavoro e carriera
E se durante il tuo colloquio di lavoro ti fosse chiesto di spiegare quali sono i tuoi obiettivi di carriera?
Ecco un’altra domanda di quelle scomode, che tipicamente mettono in crisi…
Quali sono i tuoi obiettivi di carriera?
Chiedendoti questo, oppure nelle varianti
- “che percorso professionale vuoi intraprendere/perseguire?”,
- oppure “dove ti vedi tra N… anni?”,
- o ancora “quali sono le tue massime aspirazioni professionali?”,
è un po’ come se il selezionatore mettesse sotto la lente d’ingrandimento cosa vuoi fare da grande, cosa vuoi fare del tuo futuro.
E, pur nella sua “semplicità”, non c’è domanda più tendenziosa.
Essa apre una quantità di scenari e alimenta una quantità di pensieri – toccando ancora una volta, durante il colloquio, le leve motivazionali e personali -, che il candidato può davvero faticare a mantenere a fuoco il discorso senza farsi travolgere.
Vediamo però se possiamo prepararci in anticipo a quel momento.
➡️ Focalizza gli obiettivi di carriera.
Se il recruiter ti chiede di descrivere il tuo percorso professionale e le motivazioni che muovono la tua carriera futura, tieni a mente che lo fa con almeno 3 diverse finalità.
Obiettivo 1
✅ Vuole capire chi ha di fronte, dal punto di vista del carattere e della personalità.
Le tue risposte gli daranno il termometro del tuo modo di sentire questo argomento; e ragionevolmente il tuo modo di essere.
Esprimerai timidezza o audacia? Sicurezza o incertezza? Cautela o azzardo?
Tentennerai, nell’accomodare una specie d’idea che “cerca” di stare in piedi?
Oppure risponderai di slancio e con grande professionalità, esprimendo un tuo piano d’azione ben definito?
L’equilibrio, la capacità di ragionamento e l’enfasi che trasmetterai,
serviranno a chi ti valuta a comprendere se sei proprio tu il candidato giusto:
se sei “adatto” o “stonato” rispetto al contesto di lavoro
e all’ambiente aziendale in cui ti inseriresti.
In effetti, quando una persona viene fatta immergere nei suoi progetti personali per il futuro, ne resta inevitabilmente molto coinvolta. Le domande in genere sono aperte e lasciano spazio a un racconto molto personalizzato.
Lavoro e vita si intersecano fortemente tra loro e con le risorse di cui la persona dispone. E coi suoi desideri.
E così ne viene fuori un’immagine piuttosto vera di te. Cosa intendo? Beh, dicendo cosa vuoi e cerchi, esce davvero chi e come sei. Idea precisa del tuo futuro professionale, o senza idee? Distratto o focalizzato? Lineare o multipotenziale? Timido o intrepido? Tracotante o modesto?
E come ogni individuo ha la sua personalità, così ogni lavoro ne richiama una che è quella ideale.
🔰 Puoi chiaramente comprendere come per ricoprire determinati ruoli sia necessario “esagerare” determinati requisiti personali (determinazione e combattività), o non si raggiungerebbe un buon risultato sul lavoro.
Al contrario uno spiccato ardire o un’esagerata remissività possono risultare del tutto inadeguati in altri casi (ruoli o contesti di lavoro°°°).
°°° In alcuni ruoli/mansioni, certe caratteristiche della personalità (o loro carenze) fanno la differenza tra lavorare bene oppure no. Tant’è che esistono percorsi di selezione in cui la traccia analitica di un preciso profilo della personalità del potenziale collaboratore, è condizione necessaria.
In queste situazioni il selezionatore NON si limiterà solo a fare delle domande generali sul CV o motivazionali,
bensì sottoporrà i Candidati a un vero e proprio test di personalità.
Ciò implica l’uso di opportuni strumenti (i test di personalità, appunto), importati dalla psicologia, che applicati alla selezione descrivono scientificamente gli aspetti più reconditi, ed evidenziano i più adatti alla mansione ricercata.
Il compito del recruiter
Il recruiter ha il compito di far emergere se hai le giuste dosi di carattere e di personalità per QUELLA DATA situazione.
Hai letto bene: “dosi”, perché quando si seleziona per un ruolo, si deve individuare quell’alchimia che rende vincente la ricetta… E le domande motivazionali sul futuro possono essere un valido strumento. Diversamente, c’è il rischio d’inciampare nella selezione sbagliata: scegliere la persona sbagliata e inserirla nel posto sbagliato.
Entrambi sapete che la tua collaborazione non durerebbe, e che nel breve cominceresti a guardarti intorno.
Il risultato sarebbe un danno per te e per il lavoro che dovresti svolgere.
Ti faccio un esempio.
Pensa a quando entri in un negozio e t’imbatti in un commesso molto timido, o molto scorbutico; di certo penserai che, se non gli è accaduto qualcosa di grave, beh forse sta facendo il lavoro sbagliato 😱.
Ebbene, indagare la personalità di un candidato è proprio questo. È portare la persona ad aprirsi ed essere se stessa, così da predire le sue attitudini comportamentali, e dunque le sue soft skills rispondenti al lavoro che dovrà andare a fare.
Obiettivo 2
✅ Il selezionatore vuole capire se hai consapevolezza di te. E tu te lo sei chiesto se hai le idee chiare su ciò che vorrai fare nel tuo futuro?
Sarai convincente se convincente è il percorso futuro che saprai rappresentare.
Quali sono i tuoi obiettivi a lungo termine? Cioè chi vuoi diventare?
E come stai lavorando per raggiungerli? Sai quali strumenti e quali risorse ti servono per centrarli?
E come farai a colmare le eventuali lacune?
Se NON fai chiarezza su questi aspetti, prima di tutto con te stesso, e se di fronte a questo tipo di domande NON sei in grado di argomentare delle solide risposte, agli occhi del selezionatore … sembrerà che passassi di là per caso!
Obiettivo 3
✅ Il selezionatore vuole infine capire se quello che tu ti aspetti dal tuo futuro è in linea con l’esigenza aziendale.
Per questo la tua capacità di “mettere a fuoco”, fare un’analisi di opportunità, il tuo essere proattivo, coerente e realista, saranno misura della tua motivazione.
A questo punto, cosa fare?
Adesso che sai dove il recruiter vuole arrivare, puoi preparare la tua controffensiva.
Predisponi delle risposte che tengano ben conto che:
- sei lì, a QUEL colloquio motivazionale, per guadagnarti UN LAVORO BEN PRECISO: quello per il quale ti sei candidato. NON sei lì per curiosità; non sei lì “per sentire cos’hanno da proporre”, né per riempire del tempo. 🔰 Tieni sempre a mente di cosa si tratta, quando formuli le tue risposte motivazionali. Entrambi (tu e il recruiter) avete l’intento di finalizzare qualcosa: e se il tuo percorso professionale immaginato perde coerenza con la job description oggetto del colloquio, difficilmente sarai scelto.°°°
- I tuoi obiettivi di crescita professionale e di carriera sono ben collegati al nuovo incarico, e hai l’opportunità di realizzarli proprio nella nuova azienda. 🔰 Fai degli esempi: ipotizza al selezionatore il tipo di percorso che potrai fare, ricalcando proprio il ruolo da ricoprire e i valori che ti accomunano all’azienda. Esprimi con chiarezza – e con onestà – che vuoi davvero realizzarti e raggiungere le tue mete presso di loro.
- Ciò che ti rende adatto a QUEL LAVORO è il desiderio di mettere a frutto le conoscenze e competenze correlate (o che puoi correlare) a quell’incarico. E che tu hai davvero. 🔰 Anche in questo caso, usa degli esempi, che rimandano immediatamente al lavoro o che hanno con esso delle similitudini (che descriverai nel tuo ragionamento). In questo caso manifesta con slancio la tua curiosità e l’impegno verso temi e abilità nuove, che se richieste dal nuovo lavoro saprai alimentare.
Il tutto sempre senza usare arroganza. L’atteggiamento fiducioso e laborioso, quando si parla del proprio futuro è il più efficace.
°°° A volte può accadere che il tuo colloquio sulle motivazioni sia anche di tipo conoscitivo ma non finalizzato a un incarico specifico. In questo caso l’obiettivo del recruiter è di profilare le tue aspettative per collegarle in un momento successivo ad altre occasioni di lavoro.
Se così è, non devi preoccuparti tanto della job description quanto, piuttosto, saper esprimere cosa vorrai fare in futuro. Idee chiare e fiducia sono la chiave per restare impressi in un selezionatore che in questo caso ha il compito di “classificare” il tuo potenziale.
Queste situazioni, ad ogni modo, sono casi infrequenti, sono legate prevalentemente al mondo delle società di consulenza in selezione,
e comunque ne sei informato sin dall’inizio.
Attenzione, pericolo-carriera!
Al contrario, parlando di obiettivi di carriera, ci sono alcuni tasti che in un colloquio “potrebbero” risultare compromettenti e che non è il caso di toccare.
In linea di massima pensa a tutto ciò che intraprenderai e che può trasmettere un tuo scarso impegno; o dei vincoli.
Per esempio potrebbe risultare scomodo dire che hai in progetto di metter su famiglia o che vuoi intraprendere nuovi studi (“nel breve ho intenzione di riscrivermi all’Università, perché voglio proseguire gli studi”; oppure “farò quel corso che mi impegna X giorni”).
Ed è decisamente scomodo se segnali che hai intenzione di fare dei viaggi impegnativi (“ho in progetto di fare un’esperienza all’estero o un viaggio-studio di …. mesi”).
Attenzione. Non è sempre così.
Dire di voler intraprendere quel corso di formazione è indicatore di curiosità su quel dato argomento.
Fare famiglia è indicatore di stabilità e responsabilità personale.
Dunque generalmente sono valori positivi. Ma non sai chi hai di fronte, ed ecco perché questi argomenti, se anche lambiti nel tuo racconto, NON DEVONO DIVENTARE MONOPOLIO dei tuoi obiettivi. E potrebbero compromettere il buon esito della selezione.
Progetti di famiglia, studio e carriera: una relazione condizionale
Potresti compromettere. Uso il condizionale non a caso, perché trattare certi temi con chi ti vuole assumere non dà sempre lo stesso risultato: interlocutori e momenti non sono tutti uguali.
Vero è che le relazioni ✅ lavoro-e-studio e ✅ lavoro-e-famiglia si mantengono in un equilibrio molto complesso, a volte precario. Così importanti per lo sviluppo della persona, eppure così impegnative dovendo convivere.
✅ Stai studiando mentre lavori? Oltre che un diritto, è anche un encomiabile progetto di miglioramento, non c’è che dire!
Ma se a un certo punto questo tuo impegno ostacolasse la serenità con cui lavori?
Se avessi un obbligo di frequenza che causa assenze sul lavoro?
O se fossi costretto a voli pindarici per far quadrare la tua organizzazione giornaliera – e tuttavia non sempre riuscissi a evitare ritardi o intoppi in ufficio?
Se a un certo punto la stanchezza, causata dai carichi studio-lavoro, avesse la meglio peggiorando le tue performance lavorative?
✅ Hai responsabilità o dei cambiamenti della sfera personale? Senza dubbio i progetti di famiglia modificano le tue priorità. E se non sei così abile nella tua organizzazione, è inevitabile che i datori di lavoro li vedano come un intralcio al lavoro (causa di assenze, indisponibilità, problemi, inaffidabilità, …).
Ciò detto, al colloquio potresti trovarti di fronte chi è poco favorevole a questo tipo di progetti 🙄. Oppure imbatterti in chi li valorizza perché li considera momenti di crescita personale e un completamento delle tue competenze 😎.
Se non sai come la pensa chi hai di fronte in quel momento, e se, presentandoti per quell’impiego, sottintendi che sei lì per svolgerlo, è meglio non rischiare. Non addentrarti in questioni spinose.
In conclusione, alle domande sui tuoi progetti per il futuro:
- evita risposte confuse o che non hanno relazioni col ruolo/azienda che sta facendo la selezione;
- evita di esporre progetti che in QUEL contesto non sarebbero ragionevolmente realizzabili (in FUTURO);
- e bandisci qualsiasi tema che possa distrarre dalla tua disponibilità e fedeltà al nuovo lavoro.
Tranne nel caso in cui… (l’eccezione che conferma la regola 😎)
Se ritieni che conseguire QUEL titolo di studio/attestato può costituire un valore aggiunto a QUELL’impiego, in quel caso sì che è opportuno dire che è tua intenzione migliorare la tua professionalità e la tua carriera: “ho in progetto di iscrivermi a quel corso, perché completerà la mia formazione su ….[argomento d’interesse al nuovo lavoro]; e posso dire con certezza che acquisirò delle conoscenze utili a svolgere le mansioni richieste dal lavoro che mi proponete”.
Con le giuste parole ne uscirai convincente (perché investi su te stesso), tenace (non hai paura di intraprendere un percorso faticoso) e ponderato (conseguendo quel titolo darai valore anche al nuovo lavoro e alla nuova azienda)!
Compito per casa
Se, chiedendoti di parlare delle tue aspettative/aspirazioni per ciò che farai, il recruiter usasse verbi al Condizionale, non tradirti nel rispondere! Sii più furbo di lui e volgi quelle che nella domanda suonano come ipotesi, in dati di fatto, all’Indicativo.
Comunica le tue intenzioni attraverso il Futuro, oppure con locuzioni come “ho previsto di fare…”, “ho intenzione di…”, “è nei miei progetti di…”. L’importante è che tu riesca a trasmettere serietà e certezza, NON dubbio o semplice desiderio. Il “mi piacerebbe”, in questo caso non paga.
Articolo definitivo. Bravissima!
Grazie Domenico. Considero la tua una testimonianza ☺
Certamente!
Decisamente interessante! Ma perché questi temi non vengono trattati già nelle università… è importante per le persone capire quale carriera intraprendere sulla base di quelli che sono gli sbocchi di quella professione. Voglio dire che se uno vuole fare l’amministratore delegato (per dire) deve capire quali passi deve affrontare nella sua carriera. Sarebbe utile secondo me.
Buongiorno Giampaolo, grazie per lo spunto di riflessione, che va addirittura oltre l’argomento del post. Di fatto lei apre a un tema davvero importante qual è quello dell’orientamento al lavoro. Su di esso tanto e tanto meglio si può ancora fare per dare a chi si immette nel mercato, gli strumenti di conoscenza e valutazione necessari a fare scelte adeguate. Oggi ciò su cui possiamo contare è, se non altro, la maggior attenzione delle persone: cerchiamo le informazioni che ci servono e chiediamo. In bocca al lupo